In Calabria uno dei borghi caratteristici del Sud
Testo e foto di
ENZO REGA
ENZO REGA
Sali su per le pendici del Monte Sant’Angelo, in un paese
adagiato sulla roccia, e torni indietro nel tempo. Sono quei paesi che puoi
trovare in Calabria, in Irpinia, in Abruzzo. O in Umbria e in Toscana. Ma ci
fermiamo piuttosto al Mezzogiorno, perché qui ci viene incontro una certo tipo
di petrosità dell’abitato che non troveremmo spostandoci più a Nord (o che
sarebbe diversa). Qui siamo a Cleto, in provincia di Cosenza, fra i fiumi
Torbido e Savuto, a poca distanza da Amantea. Infatti, lasciate le spiagge di
Amantea (anche qui un borgo antico, forse più famoso), di Campora San Giovanni
e Falerna, ci si allontana un tre miglia dal mare, salendo lungo la valle del
Torbido: la strada si inerpica con lente curve fra ulivi, viti e querce.
Superata la frazione di Marina di Savuto, si arriva all’abitato di Cleto,
quello originario, ora in gran parte disabitato. Arrivati nella piazzetta che
si apre come una terrazza, si continua a salire per un borgo che ha contato
anche, se non ricordo male, 3000-4000
abitanti e che, avendone ora solo alcune centinaia, sembra un paese fantasma,
ma non abbandonato. Le strade e le
abitazioni sono state restaurate, con attenzione per l’arredo urbano. Gli
abitanti sono emigrati in giro per il mondo, e conservano qui le loro case, per
tornarci magari poche volte. Qualcuno, qualche famiglia lombarda, sta comprando
e riattando piccole abitazioni. Il luogo, specialmente d’estate, sotto il sole
del primo pomeriggio, pare incantato. Ma deve esserlo pure d’inverno sotto la
neve. Anche se l’altitudine non è elevata: a partire da 240 metri sul livello
del mare. Lo si potrebbe elevare a “buen retiro”, o immaginare ripopolato di botteghe
artigiane e di laboratori di artisti, come S. Paul de Vance, in Provenza (di lì
era passato Picasso: si cerca allora il Picasso di Cleto). I vecchi centri
agricoli o scompaiono o si riconvertono a un turismo “compatibile”, come si
direbbe oggi. E un borgo come questo potrebbe farlo. Giocando sulla sua
fondazione leggendaria. Un’ipotesi mitologica vorrebbe sia stato fondato da
Cleta, un’ancella di Enea in fuga da Troia, che si sarebbe fermata qui, mentre
Enea risaliva verso il Lazio. La mitica Cleta sarebbe ancora, più precisamente,
la nutrice o la fantesca di Pentesilea, regina delle Amazzoni al tempo della
guerra di Troia. Una fondazione al femminile, dunque, per questo paese, che,
quando ha recuperato l’antico nome greco nel 1863, lo ha però volto al
maschile. Dall’alto medioevo il paese era chiamato Pietramala, dal nome di una
illustre famiglia (lo studioso locale Ugo Russo ha segnalato a docenti
dell’Università di Perugia la presenza di tombe risalenti al 1000 a.C.).
Adesso, sulla cima del borgo restano i ruderi di un castello a pianta quadrata,
d’origine normanna, risalente al XIII secolo. Un altro castello, meglio
conservato, sorge nella frazione Savuto, che lega il suo nome al vino locale,
appunto il Savuto, già conosciuto dai romani come “vinum sanatum”. Oltre al
vino, si produce olio. Nel territorio del comune vi sono sei frantoi e diverse
aziende agricole. Oggi, gli amministratori comunali tentano il recupero e il
rilancio del paese, anche vantandone le “glorie” locali. Il sindaco di Ottawa,
in Canada, Bob Chiarello, è originario di Cleto. Può darsi che dal mio viaggio
dell’anno scorso a oggi sia stato realizzato il gemellaggio con la città
canadese. Me ne parlava il giovane vicesindaco (non so se recentemente ci siano
state elezioni e le cose siano cambiate, ma mantengo il ricordo delle
sensazioni e delle informazioni di allora), Stefano Orofino, Ds e laureato in filosofia con una tesi
su Theodor W. Adorno. Faceva una strana impressione parlare, nella
piazzetta-terrazza del paesino calabro, di filosofia tedesca: ma questo dà
un’idea della dinamicità delle sue
genti, che sanno unire al recupero del passato l’apertura alle correnti
principali della cultura del nostro tempo (anche se Adorno è oggi, per taluni,
anche lui piuttosto demodé). Mario Medaglia, un altro dei giovani impegnati di
questo borgo fuori del tempo e proteso verso un nuovo futuro, mi accompagnava
in giro per la Valle, parlandomi dell’appassionato impegno politico e delle
lotte locali. E anche mi parlava dei nomi della cultura cletese odierna. Di
Francesco Volpe, ad esempio, che si è occupato della storia della Calabria e
del pensiero politico meridionale. O del poeta, in lingua italiana, Arnaldo
Filice. Un paesino che oggi conta meno di 1500 abitanti (comprese le frazioni)
svela così al viaggiatore un microcosmo che vale la pena di essere conosciuto,
anche per una vacanza in qualche modo alternativa. Da qui, godendosi un fresco
maggiore anche in piena estate (il paese ha una collocazione tale che il clima
è mite sia d’estate che d’inverno), in dieci-quindici minuti si scende al mare,
alla cui confusione e congestione ci si può sottrarre risalendosene, quando si
vuole, nel verde della valle. E andare via significa poi abbandonare un luogo
della memoria.
Cleto, il paese dell’ancella di
Enea. In Calabria uno dei borghi caratteristici del Sud, “Piazza
Libertà”, Avellino, anno II, n. 221, giovedì 22 agosto 2002, p. 8.
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